Città del Messico vista da un artista straniero

La metropoli raccontata in modo originale dal belga Francis Alÿs

Descrivere il proprio paese d'origine a chi non lo conosce implica in ogni caso il rischio di cadere in luoghi comuni e di riprodurre concetti ben presenti nell'immaginario della maggioranza delle persone, includendo se stessi. L’arte di Francis Alÿs è uno dei modi più accertati di leggere e narrare la città.
Paradosso della prassi I ("A volte fare qualcosa non porta a niente"), Francis Alÿs, Città del Messico, 1997.
Paradosso della prassi I ("A volte fare qualcosa non porta a niente"), Francis Alÿs, Città del Messico, 1997.


Quali storie e quali aspetti menzionare a chi non conosce Città del Messico - o a chi avrebbe piacere di sapere qualcosa di nuovo - su questa complessa metropoli, che sia diverso da quello che già tante volte è stato detto e mediato attraverso guide turistiche, descrizioni di amici che vi sono stati, mass media? Mentre faccio una veloce ricerca mentale di risorse, non posso non pensare all’artista belga Francis Alÿs e al suo lavoro che, iniziato a Città del Messico, è oggi di respiro internazionale: a mio avviso, la sua arte è uno dei modi più accertati di leggere e narrare la città.
Dopo aver studiato architettura a Venezia, Alÿs si trasferì a Città del Messico qualche mese dopo il terremoto del 1985. Negli anni si dedicò alla sua professione come architetto e contemporaneamente alla produzione graduale di minimi gesti artistici, che lui raccoglie e descrive come “episodi” o “aneddoti”.
La sua arte oggi spazia tra il disegno, la pittura, l’installazione, la fotografia, il video, la performance, il raccolto orale e la scrittura. All’inizio essa consisteva in tentativi per affrontare e sopravvivere all’esperienza travolgente di trovarsi a Città del Messico. Come da lui descritto in un testo del curatore Russell Ferguson (2009), le prime – non le chiamerei opere -, le mie prime immagini o interventi sono stati in grande misura una reazione alla città, un modo di situare me stesso in questa colossale entità urbana.
Una delle sue prime opere consisteva in tre pezzi di gomma da masticare appiccicati ad una parete, secondo l’ordine dei colori della bandiera messicana (Bandiera, 1990). D’accordo con Ferguson il crescente fascino dell’artista per le diverse forme in cui in Messico si sviluppano resistenze contro la modernità occidentale va di pari passo alla sua inclinazione ad evitare conclusioni definitive.

"Documentazione fotografica di un'azione", Città del Messico, 1994. Cortesia di Francis Alÿs e David Zwirner, New York. Enrique Huerta © Francis Alÿs.

A Città del Messico sono tanti i gesti nella sua configurazione sociale, geografica, politica e culturale che ci suggeriscono come l’intera città sia in uno stato di prova, che può essere in qualsiasi momento rivista, negata o cancellata per essere un’altra volta costruita, però mai definitivamente. Per esempio, nel 1994, portando un cappotto sportivo e occhiali da sole, Alÿs si è collocato in una fila di lavoratori che vengono contrattati “a giornata” o per “una tantum” nello ‘Zocalo’, ovvero la piazza principale di Città del Messico. Ognuno di loro aveva di fronte un cartellino con il tipo di “mestiere” per il quale era a disposizione: idraulico, pittore e intonacatore, elettricista. Alÿs si era preparato uno con la scritta “turista”.
Nel film “Paradosso della prassi I (A volte fare qualcosa non porta a niente)” l'artista spinge un blocco di giaccio attraverso le strade della città per più di sei ore fino a quando non si è sciolto completamente. Quest’operazione mette in risalto la condizione di milioni di venditori che, nelle stesse strade, passano la giornata spingendo i propri carrelli con frutta, succhi o qualsiasi tipo di cibo o merce e, persino, apparati e ferramenta con cui dare piccoli servizi alla gente come affilare i coltelli di casa o controllare il peso e la pressione del sangue. Non sempre, però, questa fatica si traduce in guadagno.
Il suo lavoro e i suoi episodi diventano un efficace modo di evidenziare, da una parte, quello che è difficile da affrontare e da metabolizzare di questa città nella sua quotidianità e, da un’altra, quello che invece stupisce e riempie di gioia. Faticoso spiegare cosa pensiamo o a cosa crediamo noi messicani quando facciamo una o un’altra azione perché talmente implicito nello stesso atto del “fare”.
Per Alÿs, l’invenzione di un linguaggio corrisponde all’invenzione di una città. Secondo lui ognuno dei suoi interventi è un altro frammento della storia che sta inventando, della città che sta mappando. In questo senso, il lavoro di Francis Alÿs ci riempie di luce, aiutandoci a guardare con altri occhi e a sentire con un’altra pelle questa multiforme città.
Martha Jiménez Rosano

Martha Jiménez Rosano, nata a Città del Messico, vive a Bressanone, è promotrice culturale e curatrice d’arte contemporanea

Riferimenti

Fergusson, Russell. “Francis Alÿs, Política del Ensayo”, testo per il catalogo della mostra “Francis Alÿs, Politica della prova”, Bogotá, 2009
Godfrey, M., Biesenbach, K. e Greenberg, K.(eds.). Francis Alÿs, A Story of Deception. Tate Publishing, Londra, 2010
Van Beek, Paul. ‘The invention of a city.’ On the socio-political narrations of Francis Alÿs. Paper presentato alla conferenza “Design History Society Conference on Design Activism“, Barcelona, Settembre 2011
Francis Alÿs: Paradox of Praxis I (Sometimes Doing Something Leads to Nothing): www.criticismism.com/2010/06/14/francis-alys-paradox-of-praxis-i-sometimes-doing-something-leads-to-nothing , URL consultato in data 30.09.2012

Comments

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